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I giardini della nobile brigata Di A. Spataro
II Dedicato ai grandi visionari del passato e del presente, perché da loro verrà il futuro del mondo. Centro Studi Mediterranei, giugno 2014 III IV Al mio improbabile lettore 1. Che cosa è questo testo? L’antiromanzo o una banalità spalmata sotto forma di “giardini”? L’intento era quello di delineare, ideare un modo nuovo di raccontare questi miei “pensieri” per renderli più graditi al mio solito, improbabile lettore, specie ai giovani che evitano il componimento lungo, complesso e si lasciano facilmente catturare dall’immagine. A tal fine, ho anche abolito l’indice ed evitato la fredda gerarchia “capitolare” (capitoli, sottocapitoli, paragrafi, ecc) che, come nella vita militare, piega la libertà dell’autore e del lettore verso una rigidità reggimentale. Insomma, un nuovo “format” in cui pensieri e giardini costituiscono, rispettivamente, i tasselli e i percorsi di una costruzione innovativa, fuori di schema. Ci sarò riuscito? A Lui la risposta. Quelli che qui presento sono, infatti, ventuno giardini, un piccolo Eden dove convivono il bene e il male ossia gli aspetti più controversi, le inquietudini, le speranze della vita reale, quotidiana. 2. Si sarà capito che io, ormai sciolto da ogni contratto, non vado alla ricerca del successo, dei premi e delle tirature, ma di aria salubre dove si respira ancora la libertà, della pace interiore e anche di quella esteriore, per il bene comune. L’unica mia aspirazione è quella di potere essere, un giorno, accolto nel club dei visionari ai quali dedico questo lavoro. Scrivo quasi per esigenze “terapeutiche”, per combattere la nostalgia di una vita spesa al servizio degli ideali socialisti e l’angoscia, che ogni tanto riaffiora, di chi cerca l’errore e non lo trova. D’altra parte, fra me e questo ignoto lettore non c’è alcun vincolo: siamo liberi entrambi, anche d’ignorarci. Vorrei solo rassicurarlo che questi “pensieri”, frutto delle mie esperienze politiche, dei miei viaggi, delle mie visioni oniriche, sono corti, alcuni perfino contorti, incoerenti, ma liberi, scevri da ogni stereotipo, anche da certe cristallizzazioni della sinistra nella quale mi riconosco. Pensieri maturati nel tempo e oggi liberati e proposti, un po’ alla rinfusa, secondo un ordine, direi floro-vivaistico, quasi umorale. Insomma, non sono la “verità” ma punti di vista personali, farina del mio sacco, anzi del mio porcellino salva-pensieri che ho svuotato per l’occasione. Per quelli provenienti da altri“sacchi”sono indicati il nome e la fonte. Buona o cattiva farina? Bisogna farne pane per giudicarla. V 3. Il risultato è una sorta di labirinto involontario nel quale si possono incontrare fatti e personaggi noti e meno noti, pochi eroi e un corteo pietrificato di camaleonti, luoghi della memoria e del dubbio, curiosità, tendenze, episodi tratti dalle cronache consolatorie di certo servilismo politico e mediatico e da quelle drammatiche della provincia italiana e siciliana, sogni, bisogni e aspirazioni dei meno abbienti, arroganze e meschinità dei potenti, ecc. Il tutto elaborato, e riportato, con spirito obiettivo, a volte, in chiave ironica, auto-ironica, per la nostra salvezza. Poiché, sono convinto che chi è capace di (auto) ironia è quasi salvo. Infine, un’avvertenza. Se questo improbabile lettore decidesse di visitare i miei “giardini”, lo esorto a farlo in punta di piedi, per non calpestare le aiuole… come si raccomanda ai bambini nei giardinetti pubblici. Per il rispetto che si deve al lavoro altrui. (a. s.) Budapest, giugno 2014 VI ELENCO DEI 21 GIARDINI Il giardino delle fontane zampillanti 1 Il giardino d’Oriente 9 Il giardino della sapienza a… buon mercato 17 Il giardino delle visioni notturne 25 Il giardino d’Occidente 31 Il giardino dei frutti amari 39 Il giardino delle nequizie 47 Il giardino delle armonie terrestri 59 Il giardino delle foglie appassite 61 Il giardino delle perline di vetro 73 Il giardino delle apparenze 81 Il giardino delle eroiche virtù 87 Il giardino dei supplizi 91 Il giardino dei fiori di cactus 99 Il giardino degli oblii 113 Il giardino delle pietre cadute 121 Il giardino della seducente follia 133 Il giardino delle dolci amenità 141 Il giardino delle vacue beltà 155 Il giardino dei bonsai 163 Il giardino dei vaghi inganni 175 VII IL GIARDINO DELLE FONTANE ZAMPILLANTI Messico e…Lila Sono andato in Messico e ho visto piramidi imponenti, grandi cattedrali e città disseminate, campi di mais e sierras di cactus morenti, l’alegria e la miseria della gente. Il mistero di una Morte ballerina, dipinta d’ironia, che s’incontra ovunque, complice e gioviale ancella della vita. Soprattutto, ho conosciuto Lila. Lila Downs, i suoi fiori, i suoi colori, la sua voce, il suo richiamo potente alla vita, all’amore, al ritorno verso i territori irredenti degli ancestri, ai culti astrali, alle sessantotto lingue, ancora viventi, di questo Paese immerso nelle tradizioni e dilaniato dalle “modernità” importate. Canto general, amore di una madre per il Messico, per Benito. Canto maestoso, suadente che sgorga, fluente, dalla sua bellezza, autarchica e solenne e gentile, che ricalca la fiera umanità del padre yankée e la forza seducente di Zapata. A ogni concerto il milagro, la simbiosi mistica fra il suo canto e il Messico che, finalmente, si schioda da terra e guarda il cielo; a ogni canzone l’affondo del suo artiglio felino, un inno alla dignità, alle radici, agli intrecci sanguigni di un’esistenza vagante. Nella libertà. La musica, la voce, il sorriso di Lila penetrano questo mondo, l’attraversano, raschiano dalle sue pareti antiche gioie e antichi supplizi facendone corone per la fiesta. Lila è la fiesta e tanto altro. Molto altro. È lode del Messico colorato, violato, dolente, combattente di una “revolucion” interminabile che non riesce a imboccare la via della vittoria definitiva. Che altro si può dire? Se è vero che nel (bel) canto delle donne c’è tutta l’armonia del mondo, credo che la voce di Lila oltrepassi questo confine e penetri la sommità del cielo per diffondersi nello spazio infinito come messaggera aulica di questa nostra umanità smarrita. Poiché nell’universo solo certe voci e certi suoni s’incontrano e si riconoscono…( 2013) 2 Il padrone dell’orizzonte Ogni sera, seduto sopra quel masso incrostato di fossili marini, ammirava il sole al tramonto. Fissava la tenue linea che segna il confine fra il cielo e il mare e desiderava diventare, un giorno, il padrone delle due estremità dell’orizzonte. Profumo Alle 7 del mattino, il profumo inebriante del giglio del mio giardino è più seducente del potere dell’imperatore della Cina. (1997) Panis angelicus Chiesa di Sant’Anna a Budapest: un coro di voci bianche davvero commovente. La vibrante bellezza del latino! Che, purtroppo, non ho studiato a dovere. (2012) Bella di notte Il gioco delle luci e l’esplosione dei mortaretti svelano la bellezza nascosta di questa città. Bella di notte Tripoli, un po’ meno di giorno quando la luce abbagliante del sole, avvolgendola, la riduce a un biancore liquido, indistinto. Di notte, invece, il gioco delle luci, i bagliori dei fuochi ne esaltano la visione, le fattezze, lo splendore della sua “corniche”, l’allegro fluire della gente per le vie. Sì, di notte, Tripoli appare più viva e più bella. Più mediterranea, direi. Il leone di Herend Hic sunt leones di…finissima et coloratissima porcellana. (esposizione nel negozio Herend , a Budapest) Alla Quisquina, nelle terre del socialismo spontaneo Una vicenda umana, esemplare quella di Lorenzo Reina che s’intreccia con quella di un territorio selvaggio, primordiale dove la terra è fango elementare e ancora si nutre d’acqua purissima e di feci animali. La storia di Lorenzo è una sorta di cammino a ritroso, una regressione felice che l' ha riportato dalla metropoli alla terra del padre… La volontà estrema del padre è stata per Lorenzo una sorta di comandamento, un richiamo della montagna, un principio da cui tutto discende. E da scultore si trasformò in pastore. 3 A questo padre, duro come il bisogno che lo sovrastava, col quale per decenni non si erano capiti, bacia la mano sul letto di morte e gliene prende il calco per immortalare una vita di fatica, vissuta all’insegna dei più nobili ideali umanitari da sempre coltivati in queste “terre del socialismo spontaneo” come Engels chiamò queste contrade. Il “vortice” di Glass All’Opera di Budapest assisto al balletto “Vortice”, in gran parte, danzato su musiche di Philip Glass. Magnifica esibizione, travolgente la musica. Il movimento corale dei corpi, disciolti, entra in intimità con lo spettatore. Emozioni forti che capita raramente di sentire… (31/1/12) Come barca nel mare di grano Dea della primavera più di Persefone, lei correva, come barca nel mare di grano, con la sua chioma di cavallo per bandiera. La casbah: memoria e intelligenza della città araba Eccomi dentro il mistero della casbah di Sana’a in catalessi, immersa nel silenzio della notte e rischiarata appena dalla luce incerta della nuova luna. La casbah è una costruzione labirintica, contorta, enigmatica dentro la quale chi si avventura con una buona guida può scoprire tutte le gioie della città araba…i luoghi del refrigerio e del vizio, i bagni turchi e gli squallidi bordelli e anche la miseria, l’indigenza, la violenza, la decadenza fisica delle architetture. Nella casbah risiedono l’intelligenza e la memoria della città araba la quale, senza la casbah, sarebbe come un corpo acefalo. Sensazioni Il dolce frullio di gonne andaluse inonda le vie di Roma. Mondello in grigio perla Non c’è dubbio, la Sicilia è un luogo d’incanto. A ogni angolo, una sorpresa. Forse, noi siciliani non ce la meritiamo quest’isola. O, forse, anche noi siamo parte, incorporata, di questa foresta incantata che si apre, alle sei del mattino, nel mare sotto monte Pellegrino. Pietre lucide, levigate dalle onde, fiori accesi di colori vermigli “ondeggiano” e si fondono, in un gioco di rincorse e di contrasti, col mare imperlato che lambisce la scogliera. 4 Si dice che il grigio incupisce. Davanti ai miei occhi si è aperta una meraviglia in grigio perla: è il Mediterraneo, padre nostro, nella sua silente luminosità, tinto con i colori di nuvole gravide (di pioggia) che dalla baia di Mondello si stende fino all’Aspra. (Mondello, gennaio 2006) Buenos Aires Buenos Aires, bella, irriverente, mondana e sensuale come il tango. La voce di Enja La voce di Enja m’incanta. È una scala celeste che ascende le montagne, verso le alte beatitudini. Su questa “voce”, forse, si potrebbe edificare una nuova religione. Tuttavia, meglio astenersi, ce ne sono già troppe! (1996) Vasary Tamas, il mistico della musica ungherese Questa sera, all’Accademia della musica, il pubblico di Budapest ha tributato una lunga ovazione al maestro Vasary Tamas, nell’occasione anche pianista. Un successo meritato per il vecchio Maestro (76 anni), un’esecuzione perfetta. Esile e timido, avvolto in una tunica nera sormontata da una testolina candida, due piccole mani ossute martellano sulla tastiera, agitano la preziosa bacchetta, eccolo Vasary Tamas, il mistico della musica, il sommo sacerdote di una religione, purtroppo, sempre più esclusiva. Raggiunge il trionfo con l’esecuzione, al piano, della “K467” di Mozart, brillante, drammatica e commovente al tempo stesso. Le note si alzano, come soffioni d’acqua pura, vogliono penetrare la cupola, alla ricerca della fonte, dell’energia generatrice ossia di quel punto ignoto dell’universo, dove si originano tutti i rumori, i suoni vaganti che quando incontrano il genio, come in questo caso, diventano armonia, musica divina. (Budapest, 23/1/2009) Una notte damascena Ah, quante stelle, quanti sospiri in quella dolce notte damascena! Un vento tiepido giungeva, come alito secco e profumato, da deserti lontani, e spingeva all’incontro due solitudini, anonime, su quell’altana, al decimo piano dell’hotel Dhams. Sotto, distesa e rampante, Damasco che anche nella notte era ruggente d’orgoglio di capitale antica e serraglio d’amore. 5 Cielo liquido Mi colpì quel brillio incerto, evanescente, sottostante una coltre di nuvole ardenti che formavano come un cielo liquido, sopra la campagna di Resuttano. Sole delle Ande Il canto lustrale degli Inti Illimani. Il tumulo di Vergina Di fronte alle “meraviglie” emerse dalle tombe regali di Vergina (di Filippo II e di altri re macedoni), vien voglia di domandarsi: ma noi moderni, ebbri di pretese d’autosufficienza in ogni campo, che cosa abbiamo inventato di veramente nuovo? A parte i sofisticati sistemi tecnologici, s’intende. Sotto quel grande “tumulo” si è trovato di tutto: opere e reperti di raffinata fattura; armi e armature, utensili, preziose manifatture, dipinti (in colori “pompeiani”), sculture e miniature di vibrante bellezza, monete, gioielli, corone di lauro e tutto l’occorrente per i riti. Un déjà vu esposto nelle penombre del Museo- tomba- “scavato” sotto tumulo- con criteri funzionali e rispettosi della memoria e degli eterni silenzi, Il bello è che sopra la “tomba” cresce la vita: il nespolo, il gelso e varie erbe ed essenze mediterranee, tra cui colpiscono chiazze di papaveri di un rosso così acceso da sfidare i raggi del sole, a mezzogiorno. Per questa “meraviglia” ritrovata, un grazie riconoscente a Manolis Andronicos e a tutti gli altri archeologi e studiosi che l’hanno cercata, trovata e salvata. Infine, un altro quesito: se tutto questo è stato trovato nelle tombe di Vergina, chissà che cosa si potrà trovare, se e quando sarà scoperta, nella tomba di Alessandro il Grande? Elogio del lentore messicano Con la loro proverbiale indolenza, i messicani hanno creato una umanità in un certo senso indistruttibile. Rischiano di morire di fame, ma non certo di stress. Molti criticano questo stile di vita contrapponendogli il nostro, più frenetico. A ben pensarci, lo stile messicano è più naturale, è più a misura d’uomo. Fra un sano lentore e una stressante frenesia, una mente sana sceglierebbe il primo. Del resto, i messicani provengono da grandi e sontuose civiltà. 6 Sorriso creolo Lo splendore eburneo del suo sorriso creolo. Il cielo di Praga Musiche di Vivaldi e di Marcello. Sogno infinito. Il fruscio del velo di seta in quelle stanze del cielo di Praga. Alessandria Se la Città nuova “è giustamente l’opera di uno dei più grandi visionari del XIX secolo, Muhammad Alì…” (Ilios Yannakakis in “Qantara”, 2002), quella antica fu un “dono” prezioso di Alessandro, uno dei più grandi geni della civiltà ellenica. La storia di questa colta metropoli mediterranea ha sempre attratto, incrociato forti personalità, donne e uomini d’ingegno e di dottrina, che l’abbellirono con opere di sapienza, con edifici che hanno sfidato i secoli, i millenni. Città famosa per i suoi commerci, per le sue ricchezze, per la luce della sua sapienza, per il suo Faro, per la sua Biblioteca universale. Fino a quando, il Faro crollò e venne meno la sua luce endemica, la Biblioteca fu distrutta, probabilmente bruciata, dagli invasori venuti dalla penisola araba che la condannarono per la sua “jahiliya”. Bizzarra ironia della storia: questi uomini incolti, armati di spada e di odio, distrussero la Biblioteca perché la ritennero indegna, addirittura “ignorante”, della (loro) verità profetica. Da allora, la Città langue, avvitata su se stessa; guarda indietro, al suo glorioso passato, perché in avanti non intravvede un futuro degno. Il mondo intero, dell’ottagono e del libro, piange, si commuove al suo ricordo. Alessandria dovrebbe risorgere dai suoi ipogei, dai suoi sepolcri, dal suo mare, per essere innalzata, di nuovo, come Città del mondo e Faro del Mediterraneo, centro di saperi, di pace, di sani commerci. Così com’è ridotta è solo una modesta dipendenza di Al Azhar. La Sicilia “La Sicilia, nel bene e nel male, è l’Italia al superlativo”. (Edmonda Charles Roux, premio Gongourt, 1966) 7 Palermo di Buenos Aires La Palermo di Buenos Aires non è una città, ma una città nella città che, come in un gioco di matrioske, contiene altre Palermo: “chico”, “vejo”, “alto” che, a loro volta, contengono una Universidad de Palermo, un bosco di 25 ettari e un ippodromo Palermo e, addirittura, un aeroparque. In questa tarda primavera portegna, le sue luminose avenide brillano sotto le chiome azzurrognole dei jacaranda: Santa Fè, ScalabriniOrtiz, Libertador, Malabia, Sarmiento, Belgrano, Borges, Cortazar, ecc. Nomi, luce di nomi che rischiarano la storia travagliata della nazione argentina; una sequela di eroi e letterati che vogliono restare, o tornare, a Palermo, anche da morti. Per gustare la bellezza di questo barrio (dove secondo J.L. Borges “naciò la ciudad”) bisogna passeggiare per queste strade, sbirciare fra i cortili e i patii delle case antiche alla ricerca dello spirito “bohemio y creativo” e la sera andare da “Homero Manzi” o al “Club del vino” dove ci sono il miglior tango e il miglior vino. (ottobre 2005) Campagna norvegese La Norvegia non è solo fiordi, ghiacciai e renne. C’è anche la campagna di un verde intenso e gorgheggiante d’acqua pura. Nel magico paese di Magan Siete mai stati nel paese di Magan, al tropico del Capricorno, dove cinque mila anni fa si fondeva il rame puro che si esportava, in lingotti, nel regno dei Sumeri? O giù a sud, nel paese di Ofir, nei paraggi del reame di Punt, dove dalla corteccia di un arbusto nano si estraeva l’incenso odoroso che profumava templi e palazzi dei Faraoni e di tutte le civiltà mediterranee? Anche a cercarli, questi paesi non li troverete sulla carta geografica poiché la geopolitica moderna li ha cancellati riunendoli sotto il nome di Oman. Parigi Mamma mia, quant’è bella Parigi, stamattina! Più bella e conturbante dell’acqua pendente. (20/11/09) 8 La finestra di fronte Balla da sola, puntuale alle 19,45 d’ogni sera, la signora della casa di fronte. Praticamente- lei lo sa- si esibisce per noi, per gli ospiti dell’hotel “Auckland”, dirimpetto. A quell’ora, come me, altri saranno dietro alla finestra per vederla danzare, flessuosa e volubile, nella sua seducente levità. Lo spettacolo dura pochi minuti. Ieri sera, ho anche applaudito. Il potere idrico: la meraviglia di Iguazù Confesso di essere rimasto fermo, per tre ore, ad ammirare, estasiato e adorante, l’incanto delle cascate di Iguazù. Laggiù, nella selva, al confine fra Brasile e Argentina, sotto quel turbinio di “acque pendenti”, ho assistito allo spettacolo più grandioso del potere idrico. La forza scintillante, l’attrazione dell’acqua, le sue colonne imperiose, schiumose, insistenti spazzano via il nostro gradasso nanismo. Duecentosettantacinque cateratte scendono dal fiume Iguazù come un dono generoso, e minaccioso, di una natura benigna che qui non bada a spese. Le cascate d’Iguazù sono una delle poche Meraviglie del pianeta in cui l’uomo non ha messo mano. Per loro fortuna! (2007) Patagonia Una luce alchemica illumina il mattino di questa magnifica desolazione patagonica. (risveglio in un’ estancia presso Calafate, 2007) Cielo brasilero In Brasile tutto è più grande. Anche il cielo mi sembra più spazioso, arioso del nostro. (Porto Alegre, 2012) L’arancia di Borges A proposito della precoce formazione di Borges, la signora Kodama mi racconta un episodio inedito e singolare. “Per avviarlo alla cultura classica, alla metafisica il padre gli faceva il“gioco dell’arancia”. Gli mostrava un’arancia e gli diceva “guardala bene e poi chiudi gli occhi e immagina. Che cosa è l’arancia? La sua forma, il suo colore, il suo profumo…” (dall’intervista concessami da Maria Kodama in“La Repubblica” 26/10/2010)
Scheda del libro Saggistica, formato 15x23 Pagine 192, Codice ISBN: 9788891076205 Il libro è in vendita al prezzo di Euro 14, 00 presso www. ilmiolibro. it e le “Librerie Feltrinelli” e in diverse librerie on line. Anche in formato e-book presso Amazon Kindle e altre.
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